Truffe on line arresti chivassese e vercellese I NOMI

Truffe on line arresti chivassese e vercellese I NOMI
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Truffe on line, arresti nel chivassese e nel vercellese.

Truffe on line

I Carabinieri del Comando Provinciale di Nuoro,  Torino, Vercelli e Catania hanno eseguito un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. La misura è stata emessa dal GIP del Tribunale di Nuoro. Questo dopo le indagini nei confronti di 20 indagati (di cui 2 in carcere, 13 ai domiciliari, 1 agli obblighi di dimora e 4 a piede libero). A carico di tutti gli indagati viene disposto anche il sequestro conservativo di beni mobili o immobili per 100 mila euro.

Suicidio Sospetto

Il procedimento penale della Procura di Nuoro, nasce nel 2017, dal suicidio “sospetto” di un giovane nuorese. La morte, improvvisa e ingiustificata del proprio figlio, determina i due anziani genitori a rivolgersi ai Carabinieri. Questo per fare luce sulle ragioni che hanno indotto il giovane a togliersi la vita. Le indagini vengono coordinate dal Sostituto Procuratore di Nuoro, Giorgio Bocciarelli.

Le prime indagini

I Carabinieri di Nuoro raccolgono una serie di elementi sulla vita pubblica dei social forum dell’uomo.  In particolare su alcuni dettagli presenti nei suoi profili social, che li induce ad approfondire le attività svolte  con la pubblicazione di alcuni annunci sui siti d’incontri . Emerge che il giovane, in attesa di essere assunto come OSS presso una struttura sanitaria, era stato ricattato da un sedicente ispettore della polizia. Infatti, paventandogli possibili ripercussioni per l’occasione lavorativa, questo gli richiedeva in più occasioni il pagamento di inverosimili contravvenzioni. Queste  per inesistenti violazioni connesse alla pubblicazione degli annunci a sfondo sessuale sui siti internet. L’uomo, prima di togliersi la vita, verserà ai malfattori quasi 5 mila euro. La Procura della Repubblica, a carico del promotore dell’associazione, ha ipotizzato il delitto di morte come conseguenza di altro reato.

Il capo dell’organizzazione

I militari dell’Arma tracciano il movimento del denaro estorto e delle comunicazioni informatiche tra la vittima e il suo aguzzino. Così riescono a risalire al personaggio principale dell’associazione dedita alle estorsioni e truffe online. Questo è un 39enne, piemontese ma di origine sarda, Simone Atzori,  che si presenta alle sue vittime come: matricola ER432, Ispettore Gigliotti Marco della Polizia Postale di Roma. L’uomo è il promotore, l’organizzatore e il capo di una associazione a delinquere. Questa era  radicata tra Torino e Vercelli e composta da 20 elementi, con ruoli e compiti ben definiti. Il ramo, quello delle estorsioni e truffe on line in tutto il nord Italia.

I nomi degli arrestati

In carcere è finito anche Francesco Reina, 31 anni, di Catania ma residente a Torino, ritenuto uno dei promotori dell’organizzazione. Arresti domiciliari, invece, per Marco Mannai, 25 anni, di Livorno Ferraris, Cristian Pacella, 21, di Livorno Ferraris, Mario Puorro, 49, di Torino. E ancora  Eugenio Brunelli, 39, di Villareggia, Maurizio Virruso, 43, di Catania, Bruno Pacino, 31, di Caselle, Gerardo Farabella, 22, di Bianzè. L’elenco continua con Annunziata Presicci, 24, di Volpiano, Patrizia Nicolella, 40, di Bianzè, Teresa Di Marco, 32, di Torino. In ultimo Sabina Garabello, 35, di Torino, Salvatore Braconaro, 22, di Torino, Ajlijus Alijev, 21, di Torino. Obbligo di dimora per Massimo Reina, 53, di Bianzè.

Il modus operandi

Il modus operandi della banda criminale consiste nel contattare gli inserzionisti dei più noti e utilizzati siti d’annunci commerciali e di incontri. Attraverso la captazione dei profili social e l’acquisizione di informazioni personali degli inserzionisti la vittima viene contattata dal sedicente Ispettore Gigliotti Marco della Polizia Postale di Roma, matricola ER432. Dopo, veniva persuasa dell’esistenza a suo carico di una denuncia/querela. Macchia che avrebbe potuto ritorcersi sulla vita privata, lavorativa o professionale dell’inserzionista.

Il truffatore, che fa largo uso di terminologie in uso alle forze dell’ordine, una volta conquistata la fiducia della vittima, rappresenta la possibilità che l’inesistente azione penale possa venire archiviata con il pagamento di una di multa. Questa, sovente avviene tramite bonifici su PostPay ma, in caso di ingenti somme, che arrivano anche ai 20 mila euro, in contanti. I trasferimenti di denaro sulle PostPay e sui conti correnti on line è vorticoso e frenetico al fine di far perdere le tracce dei pagamenti da parte delle vittime. Il denaro viene immediatamente utilizzato per l’acquisto di piccole quantità di droga. In un caso, il capo della banda, dopo aver incassato il denaro dalla vittima si reca da un concessionario per acquistare un auto di lusso.

I finti investigatori

In questo caso viene orchestrata una vera e propria messinscena con finte auto civetta della polizia e finti equipaggi. Infatti, simulando un’attività investigativa a carico della vittima, si fanno consegnare denaro, in contanti, in buste sigillate destinate al pagamento delle sanzioni inesistenti. La raccolta di elementi di riscontro, effettuata in 4 mesi di intercettazioni e riscontri documentali, fa emergere un’imponente numero di vittime. Sono circa 600 quelle contattate dall’associazione, che opera con estrema spregiudicatezza. In 45 casi, documentati, i malviventi riescono nel loro intento intascando uno o più pagamenti. Le vittime vengono letteralmente dissanguate. Infatti, una volta che si rendono disponibili al primo pagamento, seguivano pressanti e reiterate richieste di denaro. Non è possibile stimare quante siano state le vittime della banda che si avvaleva di innumerevoli utenze telefoniche non direttamente riconducibili agli associati.

Vittime in tutta Italia

In numerosi casi il tempestivo intervento dei Carabinieri è stato risolutivo. Una giovane donna, alla quale era stato contestato il banale annuncio postato per la vendita di un cucciolo, intenta ad effettuare il bonifico di denaro allo sportello bancario, viene bloccata dai militari dell’Arma, in uniforme e con vettura con i colori d’istituto. Questi la informano di essere stata oggetto di un raggiro da parte di truffatori. In lacrime e ancora incredula per l’accaduto, viene accompagnata in caserma per formalizzare la denuncia. Si è rivelato estremamente difficoltoso per gli investigatori seguire le numerose scorribande dei malfattori che spostandosi da Torino, anche per centinaia di chilometri, imperversavano in tutto il nord Italia, ovunque trovassero delle vittime pronte a pagare quanto richiesto.

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