Faccia a faccia con Pan, quando siamo nel panico

Le riflessioni di Alessandra Lunghini e Andrea Montagnini dello studio Incentrum di Ivrea.

Faccia a faccia con Pan, quando siamo nel panico
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Faccia a faccia con Pan, quando siamo nel panico: le riflessioni di Alessandra Lunghini e Andrea Montagnini dello studio Incentrum di Ivrea.

Faccia a faccia con Pan

Può accadere in ogni momento, quasi inspiegabilmente, senza un perché, a chiunque. Un giorno, uno qualsiasi, dopo aver svolto numerose faccende, mentre stiamo cercando di portarne a termine altre. Ecco che arriva! Siamo faccia a faccia con Pan. Iniziamo a sudare, il battito cardiaco accelera, il respiro si fa corto. Sentiamo le gambe diventare pesanti e la testa leggera. La vista si fa sfocata, facciamo difficoltà a respirare. Siamo combattuti tra il desiderio di fuggire e l’incapacità di muovere un passo. E tutto questo sembra non avere fine. Stiamo male, abbiamo paura. Siamo nel panico. Siamo di fronte al panico. Siamo di fronte a Pan, una divinità dell’antica Grecia non molto nota.

Chi era Pan nella mitologia

Tutti gli volevano bene, ma il dio Pan non viveva sull’Olimpo, perché quando era nato tutti gli altri dèi erano rimasti inorriditi dalla bruttezza di quel bimbo con barba, corna e piedi di capra. Pan viveva tra la natura, i campi, le colline. Abitava tra gli uomini. Assecondava i piaceri, amava lo scherzo ma era anche molto rispettoso delle leggi della natura. Talvolta gridava. È mezzogiorno, il sole è alto nel cielo, l’aria è calda e pesante, la natura rallenta. Gli animali vanno a cercare riparo nelle loro tane, gli uccelli sui rami degli alberi smettono di cantare e gli uomini riposano. Sono le ore più calde, è inutile procedere. È necessario sedersi, rilassarsi, guardarsi attorno.

La riflessione

Riflettere, pensare, porsi domande. Che posto abbiamo su questo mondo? Qual è il nostro destino? Da dove veniamo e dove finiremo? Potremo mai tornare felici? E soprattutto, che cos’è la felicità? Poi, improvvisamente, risuona un grido acuto, stridulo e mostruoso. Qualcuno ha svegliato Pan. Alcuni uomini hanno sfidato un’importante regola della natura, il tempo del riposo. È stato violato l’ordine del cosmo che richiede il rispetto del ciclo temporale della natura. Pan ha risposto a tale inosservanza come solo lui sa fare, con un grido terrificante. E il terrore di Pan li ha presi. Si chiama panico. E dal panico non c’è scampo. Non si può tentare di avere la meglio. C’è un’unica possibilità nel panico. Ascoltarlo. Ascoltare il grido. Rallentare. Fermarsi. Chi nel panico saprà respirare, lasciando risuonare dentro di sé l’avvertimento mostruoso che lo ha atterrito, potrà salvarsi.

La sua attualità oggi

Chi lo ascolterà si renderà conto di quanto ridicolo fosse il suo tentativo di lavorare, faticare, produrre, nell’ora che gli dèi hanno destinato alla contemplazione. In quest’epoca segnata da ritmi sempre più veloci e frenetici è bene ricordare la lezione di Pan. Egli è un dio estremamente attuale, contemporaneo e necessario. Deve continuare a vivere. Ci ricorda che siamo parte della natura e che anche la nostra vita è scandita da momenti di azione e momenti di inazione. Questi ultimi rappresentano il tempo immoto, il tempo libero da ogni occupazione che non sia il ragionamento, la domanda, lo stupore di fronte alla natura che tutto tiene in sé. Perché è in questo tempo sospeso che si prende contatto con se stessi e che si può costruire il futuro riconoscendo e ascoltando i nostri talenti e desideri.

Scritto a cura di Alessandra Lunghini e  Andrea Montagnini dello studio InCentrum di Ivrea.

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